Grazie per (TU NO)… Facebook e i contenuti virali
È ormai qualche giorno che su Facebook sta spopolando la moda di quell’immagine suddivisa in nove riquadri, in cui su quello centrale campeggia un bel “TU NO”. E di certo non si tratta di un fenomeno isolato. Ma cos’è che rende questi contenuti virali? Da un bel pezzo equipe di studiosi se lo chiedono, tentando di trarne la soluzione universale per essere virale. Ecco allora qualche spunto di riflessione volto a scoprire cos’hanno in comune questo genere di contenuti.
I contenuti virali
Prima fu la volta di meme e gif animate, poi arrivarono le vignette sul principino George. Ci fu l’epoca di chi vedeva il vestito nero e blu e di chi lo vedeva bianco ed oro, ma tutti comunque avevano l’immagine del profilo tinta di arcobaleno. Venne il tempo dei quiz matematici, del “condividi se sei indignato” ed infine del “Grazie per (TU NO)…” A non passare mai di moda furono le sempreverdi vignette su Gianni Morandi. E la storia potrebbe continuare.
Ma esiste qualcosa che accomuna questo genere di contenuti virali? In effetti alcuni punti in comune ce li hanno, e precisamente:
- suscitano emozioni;
- aggregano;
- tendono a far sentire utile chi li condivide;
- tendono a far sentire intelligente chi li condivide;
- sono di facile realizzazione.
Le emozioni
La vita cibernetica fatta di informazioni usa e getta e tempi brevissimi ci ha abituati ad avere “tutto subito”. E così dedicare più di qualche secondo per leggere un contenuto diventa un’impresa ardua. Ecco allora che entrano in gioco le emozioni: far scaturire un qualsiasi genere di sensazione (positiva o negativa), passando dalla porta di servizio del subconscio, catturerà immediatamente l’attenzione dell’utente. Ed ecco che meme e vignette divertenti piuttosto che gattini o altri animaletti simpatici entrano subito nel cuore, scatenando la voglia di condivisione.
L’aggregazione
L’uomo, si sa, è un animale sociale. Ed è per questo che sentirsi parte di un gruppo piace (più o meno) a tutti. Che sia il gruppo di chi è felice per la legalizzazione dei matrimoni omosessuali negli Stati Uniti o di chi, molto più banalmente, il vestito lo vede blu e nero, l’importante è coalizzarsi con chi la pensa come noi.
L’utilità
Esiste davvero chi pensa che condividendo un post su Facebook potrà migliorare la situazione politica o combattere la violenza? Personalmente spero di no, ma questa è un’altra storia. Di certo, però, quando i post oltre ad essere emozionali ed aggreganti sembrano avere anche un minimo di utilità, si tende a condividerli di buon grado trasformandoli così in contenuti virali.
L’intelligenza
A chi non piace sentirsi intelligente, magari più della media? Ecco allora che la rete si popola di quiz matematici che un qualsiasi ragazzino in età scolastica sarebbe in grado di risolvere, accompagnati da frasi del tipo “solo una persona su dieci è in grado di risolverlo”. Ma è anche la volta delle notizione in cui si fanno strani calcoli su quanto costa un immigrato, in cui chi le condivide sta implicitamente dicendo “io che mi informo sono più furbo di te”.
La facilità di realizzazione
Potrebbe sembrare cosa da poco ma non lo è. Se infatti ad essere oggetto di condivisione è un’immagine che tutti possono realizzare per modificarla secondo la propria ispirazione, sarà più facile che il web si popoli di mille varianti della stessa immagine. Ed ecco che, in men che non si dica, l’immagine è diventata virale.
Per concludere
Certamente i contenuti che diventano oggetto di condivisione virale hanno, chi più chi meno, delle caratteristiche comuni. Siamo però ben lungi dal trovare la ricetta infallibile della viralità. Di sicuro ci si avvicinano gli autori delle tanto discusse fake news. Questi, infatti, generano contenuti apparentemente utili per persone che vorrebbero sentirsi più intelligenti della media, le quali senza prestare troppa attenzione al contenuto si lasciano catturare dall’emozione di un titolo solitamente sensazionalistico, e lo condividono di getto coalizzandosi gli uni con gli altri.
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